Le melodie liturgiche nei chiostri di San Cugat e di Gerona: interpretazione tonale dei capitelli (1)

A) San Cugat des Vallés

La pianta del chiostro di San Cugat comprende 72 doppie colonne, che circondano un piccolo giardino, in cui si trova un pozzo. I capitelli di queste colonne sono stati numerati procedendo dall’ingresso sud-occidentale del giardino in direzione del corso del sole.

San Cugat des Vallés
Pianta del chiostro

Nella lista che segue sono enumerate tutte le scene raffigurate sui capitelli e sono citati i testi in cui esse sono state riprodotte fotograficamente. Le abbreviazioni Bal. e Puig si riferiscono allo studio di Jurgis de Baltrusaitis, Les chapiteaux de San Cugat del Vallés (Parigi 1931) e al volume III, 1 dell’ampia opera di J. Puig y Cadafalch, L’arquitectura romànica a Catalunya (Barcellona 1918).


Da questa enumerazione risulta che le rappresentazioni di animali costituiscono all’incirca la quarta parte dell’intero materiale iconografico e compaiono 42 volte sulle 72 doppie colonne. Rapportando i valori spaziali a quelli temporali (musicali) si presuppone che lo spazio costante che separa sempre due colonne corrisponda anche, di volta in volta, ad un medesimo intervallo. Quale unità di tempo è utilizzata, negli esempi musicali che seguono, una croma. Se si traducono ora i simboli animali nelle note corrispondenti, si ottiene la melodia riportata nel rigo musicale a
dell’esempio 1.

Da queste note risulta già una chiara struttura melodica; ma con ciò la frase non è ancora compiuta, poiché anche se tutti i suoni strutturalmente importanti sono già presenti, manca tuttavia una serie di note di collegamento. Si tratta ora di cercare nel repertorio medievale una melodia che riempia esattamente questi spazi vuoti. Tale melodia deve soddisfare a una condizione estremamente ardua: non soltanto essa deve seguire, e con estremo rigore, la struttura melodica data, ma anche presentare, per ognuno dei vuoti esistenti, esattamente il medesimo numero di note o di pause che mancano (a causa dei capitelli senza figure animali) nella rappresentazione simbolica della melodia.

Soddisfare a tali condizioni sarebbe semplicemente impossibile se l’intero chiostro non fosse stato a priori concepito su una melodia, poiché qui non si tratta soltanto di rappresentare di volta in volta l’esatta altezza del suono, ma anche i precisi rapporti di tempo. Sono da considerare contemporaneamente tre differenti principi ordinativi: l’altezza del suono, il ritmo e la lunghezza complessiva del canto.

Ogni conoscitore del corale gregoriano riconoscerà subito nella struttura melodica data l’inno Iste Confessor
(Antiphonale romanum pro diurnis horis, Commune Confessoris non Pontificis) (riga d). Tuttavia questa versione esige per la colonna 49 un mi e per il suono finale un re, mentre i capitelli animali hanno in questi punti le note sol e mi. Meglio si accorda l’inno a S. Cacufane Quod chorus (riga e), nel Liber consuetudinum del XII secolo proveniente dal Convento di San Cugat, fol. 164 v. Qui è citato il mi del capitello 5, che non compare nell’Antiphonale romanum, al capitello 49, però, la discordanza è rimasta immutata. Troviamo una totale concordanza di capitelli e di musica solo nella versione b, che contiene l’ultima strofa dell’inno a San Cacufane. La riga f (strofa decima dello stesso inno), tratta dal Liber consuetudinum, fol. 177 v, presenta invece notevoli differenze. Tutte queste melodie sono varianti dell’inno Iste Confessor, tuttavia solo un’unica versione (riga b), cioè quella dell’ultima strofa, si può accordare interamente con l’ordinamento dei capitelli. Quest’ultima strofa, purtroppo, non è più contenuta nel Codex 42 (Bibl. Cor. Aragón),
ma è nota soltanto attraverso una copia tratta da un’altra Consueta di San Cugat, andata persa durante la guerra civile. La copia che il Dr. Griera, conservatore di San Cugat, mi ha cortesemente procurato, serve ancor oggi come modello di canto nel giorno della commemorazione di San Cacufane (25 luglio). Sui capitelli 7, 17, 20, 49, 50, 56 appaiono tuttavia, in questa versione, alcune modificazioni delle note della melodia, che sui capitelli non vengono meglio definite e che non sono neppure contenute nelle versioni e-f (tranne il capitello 7).

I 72 valori ( = 72 capitelli) di questa melodia si dividono in 40 simboli animali per valori di croma realmente cantati (1, 2, 4, 5, 7, 8, 9, 12, 15, 17, 18, 20, 22, 24, 28, 29, 31, 32, 36, 37, 38, 39, 40, 43, 45, 46, 47, 48, 49, 50, 51, 54, 55, 56, 61, 65, 66, 67, 68, 72) e in due simboli animali per pause di croma (30 e 33). Inoltre 16 valori (3, 6, 11, 13, 14, 16, 19, 21, 23, 25, 26, 27, 34, 35, 52, 53) devono essere aggiunti, secondo il modello medievale, per completare la struttura della melodia. I rimanenti 15 valori si suddividono in tre pause (10, 44 e 64) e in 11 prolungamenti che vengono provocati dai suoni cadenzati (41-42, 57-60, 62-63, 69-71).

Otteniamo così una rappresentazione (riga c) che riproduce l’inno in modo ancora più chiaro del modello musicale medievale, poiché gli antichi manoscritti di corali, contrariamente alla notazione musicale moderna, di solito non annotano espressamente le pause, perché queste erano date ipso facto nel testo dalle conclusioni dei versi o dall’interpunzione. Dalla trascrizione si rileva che le cadenze richiedono in questo inno la durata di quattro unità di tempo. Alla cadenza in fa corrispondono i capitelli 41-44, alla conclusione le colonne 61-64 e 68-71. Il prolungamento della vocale 0 nella parola finale canorem si spiega con la sua posizione nella cadenza finale della strofa. Solo la cadenza in do (27-30), che appare molto irregolare anche nelle altre versioni, non ha che tre unità. Però qui probabilmente la penultima sillaba accentata si deve comprendere nella cadenza.

Infine vogliamo aggiungere alcune osservazioni particolari sui diversi capitelli. Sul capitello 43 sono raffigurati contemporaneamente un pavone e una scena di lotta tra un cavaliere e un leone alato.
Anche nella colonna 55 si distinguono un pavone e un animale fantastico che divora una vittima. Ci troviamo qui di fronte ad una variante (re
o fa)? Gli esempi musicali richiedono in entrambi i casi un fa. Sulle colonne 46 e 47 sono collocati due gruppi di uccelli canterini, uno dei quali è rappresentato in posizione capovolta (con la testa all’ingiù). A questi uccelli, molto danneggiati, corrisponde la nota la che tuttavia concorda solo con la nota 46, a meno che il capitello 47 non rappresenti una gru (sol). Questa trascrizione potrebbe gettare anche nuova luce su un problema di tecnica della notazione, finora insoluto. Essa indica cioè che la flexa (capitelli 7, 17, 20, 49, 50, 56), che riunisce due suoni in un segno, rappresenta soltanto il valore di una unità di tempo. Tuttavia la distribuzione dei valori, ai capitelli 49 e 50, non è del tutto chiara, poiché a questo punto tutte le versioni differiscono. Evidentemente il canto, in questo passo, era molto libero.

B) Gerona

Il chiostro della Cattedrale di Gerona presenta uno stato di conservazione peggiore rispetto a San Cugat e le figure di animali non sono così varie.

Gerona
Pianta del chiostro

Il seguente elenco ne offre la descrizione iconografica:

Essendo la Cattedrale di Gerona consacrata alla Madre di Dio, è ovvio cercare la melodia corrispondente nella letteratura mariana. L’unica melodia che potrebbe soddisfare alle condizioni sopra menzionate, sembra l’inno alla Mater Dolorosa (riga b dopo Antiph. rom.
Festa septembris
15).

Il numero delle note indicate mediante simboli animali è leggermente inferiore a quello di San Cugat. Dei 53 suoni di cui è composta questa melodia, 31 sono indicati da capitelli (riga a). L’uso quasi esclusivo del ‘pavone’, quale portatore della tonica e delle due dominanti, sul lato nord sembra forse, in un primo momento, un po’ inconsueto. L’esame dell’ordinamento mistico delle ore dimostrerà tuttavia che gli uccelli canterini, che potrebbero parimenti simboleggiare le dominanti, non possono comparire nelle ore corrispondenti al lato nord. Si ha l’impressione che lo scultore stesso si sia reso conto di questa monotonia, poiché i pavoni, da nord verso ovest, con melodia ascendente, diventano sempre più piccoli e presentano infine persino una certa somiglianza con uccelli da rapina o con pernici.

Alla colonna 15 il capitello esige un re, mentre la melodia richiede un mi. È probabile che qui si tratti di una variante melodica.

Una difficoltà sorge con la contemporanea raffigurazione, sul capitello 54, di un ‘pavone’ e di un uccello fantastico del tutto singolare, con testa umana e coda da serpente. Dopo la lotta tra il leone e il bue e la scena di Daniele sulla colonna 52, troviamo un capitello completamente rovinato (53) che potrebbe rappresentare la nota fa. Seguono però un pavone e un animale fantastico sul capitello 54, cioè, contemporaneamente, la nota re e un valore sconosciuto dal punto di vista tonale. Si potrebbe tuttavia pensare che il singolare uccello-uomo corrisponda alla nota mi
e rappresenti unitamente al pavone il gruppo mi-re. Come a San Cugat (capitello 72), i leoni domati (capitelli 39 e 57) fungono anche qui da suoni di cadenza, a patto che animali fantastici (26, 51) non sostituiscano l’interpunzione.

Autore: Marius Schneider
Pubblicazione:
Pietre che cantano
Editore
: Guanda (Biblioteca della Fenice)
Luogo: Parma
Anno: 1998
Pagine: 33-41

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