Sezione: Lessico
Zona mesopotamica
il tema estremamente complesso degli uomini col leone è alquanto specifico dei capitelli spagnoli: ci soccorre nella fattispecie l’opera di Georges Gaillard – Les origines de l’art roman espagnol – dalla quale prenderemo in prestito la numerazione per ordine. Più che qualsiasi altro, questo tema esige che ci si rifaccia il più possibile alle opere, prima di tentare di interpretare in maniera sicura. Esso è caratteristico soprattutto della zona mesopotamica, ma l’immensa influenza dei pellegrinaggi a Compostella lo ha irradiato fino alle regioni più lontane. Lo si ritrova infatti alla Daurade di Tolosa, ad Aulnay, a Chauvigny, complicato al punto che non di rado è addirittura difficile riconoscerlo.
Come nostra abitudine, lo affronteremo nell’ambito di uno specifico santuario, tipo quello di León, dove esso costituisce il punto di partenza di un programma completo con tutte le sue varianti: gli uomini col leone compaiono infatti qui sotto due aspetti. Sul lato nord, proprio davanti alla crociera, ci s’imbatte nel capitello dei «Tre Sansoni». Tre personaggi nettamente distinti per la posa, l’espressione e gli abiti sono raffigurati sulle tre facce del càlato: quello della faccia destra è completamente nudo e girato verso sinistra; cavalca un leone e le sue due mani sembra che stiano per essere addentate dalla belva; con la testa volta all’indietro, contempla terrorizzato una maschera* posta in cima a una colonna – forse l’asse cosmico –: si tratta dell’uomo lussurioso, privo di vesti, che ha paura del castigo. Per contro, gli altri due personaggi sono sì anch’essi in groppa a dei leoni, ma vestiti e affrontati sulle due altre facce: rappresentano perciò la vittoria sul male; il primo porta abiti svolazzanti, alza gli occhi al cielo, è seduto su una sella ornata di perle e sembra meno dipendente dal leone, del quale stringe le mascelle con entrambe le mani. Il secondo invece si sforza, con la destra, di chiudere le fauci della belva; ha i capelli riccioluti, una mano sola impegnata e suona il corno in segno di vittoria. Siamo di fronte, evidentemente, a una variante del tema delle tappe.
Dall’altra parte, sul lato sud, di fronte ai «Tre Sansoni» ma nella campata precedente, gli uomini col leone si presentano in un modo più consueto, sotto forma di due personaggi evocanti rispettivamente il bene e il male. Questi uomini hanno molto in comune con quelli esaminati prima: nudi, la faccia tormentata, sembrano sbucare entrambi da una maschera della terra collocata al posto della rosetta per approdare in groppa ai due leoni contrapposti: questa maschera è l’immagine della terra creatrice dalla quale essi emergono per finire poi preda del male rappresentato dai leoni. Il bene invece è impersonato dalle due figure armoniosamente drappeggiate poste da una parte e dall’altra, intente a carezzare i leoni e a tenere loro una zampa. I differenti aspetti degli uomini col leone di León vanno di pari passo col programma apocalittico sviluppato dai capitelli del lato nord, uno dei quali, su una finestra, rappresenta la Pesatura delle anime da parte di san Michele, mentre su quelli in alto compaiono l’orante fra due leoni, l’androfago, gli agnelli che si fronteggiano per simboleggiare gli eletti, ecc.; ma vanno di pari passo anche con un programma esposto sul lato meridionale, dedicato alla vita terrestre e al potere dei Vizi, nel quale fanno spicco l’arciere e la lotta fra un cavaliere e un villano armato di randello. Su questo lato meridionale l’uomo con la coppia di leoni è associato al Cristo Giudice. Il simbolismo vegetale del secondo capitello completa la contrapposizione.
Potremmo ritrovare un’analoga disposizione d’insieme a Jaca: i temi che condannano la lussuria, gli uomini col leone, si trovano nella navata laterale sud riservata alla lotta contro i vizi, mentre i soggetti apocalittici, i simboli dell’accesso al regno dei Cieli, si trovano a nord: su questo lato sono anche più numerosi i simboli vegetali, fioroni, pigne, nonché gli animali, uccelli che si fronteggiano, evocanti il Paradiso.
Ma una volta passati in rivista tutti questi soggetti, qual è la conclusione circa il significato esatto dell’uomo col leone? Si ha la sensazione che a León si siano volute evocare tre età medie dell’uomo. La Fanciullezza e l’Adolescenza sono espresse mediante i temi di cui abbiamo appena parlato, che mostrano l’adolescente debole alle prese, come lo stesso Eracle, con l’alternativa vizio o virtù e che ha bisogno di solidi insegnamenti contro i pericoli che lo minacciano se non vuoi cadere nei colpevoli impulsi della carne. L’uomo col leone rappresenta invece l’età virile, l’uomo che con ratto d’amore diventa padrone di sé stesso e responsabile: egli sarà in grado di affrontare il giudizio e di scegliere fra il bene e il male. Se viceversa è in groppa al leone, cioè a dire se sta compiendo l’atto carnale, diventa bestia, dà sfogo all’animalità, però si avvicina a un animale eccezionale che gli rassomiglia, capace, se vuole, di dominare l’istinto. Il tema macrocosmico di Jaca, dove dei minuscoli uomini col leone hanno sul capo una gigantesca maschera della terra, sembra alludere alla terza età, la Vecchiaia. Senza dubbio, i Tre Sansoni di León sono anch’essi una personificazione delle tre età.
Qual è l’origine iconografica del tema? L’uomo che cavalca la bestia, così come l’uomo primitivo che si mette addosso la maschera della fiera o come gli adepti dei culti misterici che si vestono di pelli, pensa di appropriarsi in questo modo della forza dell’animale. L’arte alessandrina, in particolare la celebre esedra di Menfi, ha esercitato in vari modi la propria influenza in Linguadoca, per esempio nelle barbe a più ciocche dei Profeti: questi uomini col leone derivano molto alla lontana dai piccoli geni nudi, i cosiddetti bacchoi, che seguivano i cortei di Dioniso cavalcando leoni, pantere o chimere: bastava soffermarsi lungo il dromos che portava all’esedra per vederli. Le leggende non sono altro, in generale, che deformazioni o solidificazioni di credenze primitive o tradizionali. Proprio una leggenda del genere, che aveva allora corso in Spagna, può spiegare il significato delle coppie di leoni poste a difesa degli ingressi: essa raccontava che alcuni innamorati avevano subito una metamorfosi ed erano stati condannati a rimanere in eterno a guardia della soglia del santuario per avere essi profanato il luogo sacro con l’abbandonarsi a rapporti sessuali all’interno di esso. Come capita sovente, questa leggenda ha preso le mosse dall’interpretazione di figure più o meno esattamente comprese di leoni di difesa: ed è questo appunto che si è normalmente verificato, soprattutto nel Vicino Oriente, con la leggenda relativa ai santuari della Dea madre; però la leggenda chiarisce al tempo stesso il significato dei geni nudi che, cavalcando i leoni, si appropriano della loro forza.
Bisogna d’altronde pensare alle virtù intrinseche del leone, esaminandone la figurazione più importante, quella inserita nel Tetramorfo. Qui il leone è il personaggio fondamentale, perché è il simbolo della vittoria sulle forze oscure, sulla carne, che assicurerà la resurrezione dell’essere e la sua identificazione con lo spirito. I due uomini col leone, così come sono effigiati sui capitelli spagnoli, rappresentano in certo qual modo, per quel che concerne il peccatore, l’uomo che appaia se stesso agli animali inferiori, mentre per quel che riguarda l’eletto, sono l’uomo che ha in sé del Leone e dell’Aquila; come si sa, Sansone, il vincitore del leone per antonomasia, era chiamato «piccolo sole», e il suo combattimento veniva interpretato come una manifestazione della «forza di Dio» nei testi e nelle raffigurazioni romaniche. Abbiamo già detto all’inizio che gli uomini col leone, così importanti nella zona mesopotamica, dovrebbero avere, quasi con certezza, un’origine alessandrina, e dunque egiziana. Nulla esclude, in definitiva, che il tema sia nato in zona egiziana, anche se poi esso ha trovato un perfetto accordo con la tendenza dualistica manichea del sud ovest francese, in relazione con la famosa Y della doppia via adottata da sant’Ireneo; per farla breve, lo vediamo diffuso specialmente nella zona di Lione, ovverosia in una regione di transito verso l’Alvernia, la quale Alvernia ha dato anch’essa, del resto, una certa priorità al tema dell’albero a Y.
Zona egiziana
Prova della portata intensa del tema, per cui si giustifica appieno la presente trattazione e la sua lunghezza, l’uomo col leone non è ignoto neppure nelle regioni del sud est. Una variante è quella che compare a Saint-Nectaire e a Brioude, dove sono evidentissimi gli influssi della Linguadoca e dove non pochi pomi di serrature presentano protomi leonine; essa evoca, come a Jaca e a Tolosa, il Cristo «dolce con i buoni e terribile con i malvagi» di cui parla san Girolamo: gli uomini col leone divengono figure di «venti» – tema antico ripreso dall’arte carolingia –, i quali tengono al guinzaglio due leoni che si abbeverano alla fonte di vita: è un modo nuovo di evocare la carne e l’anima, i due elementi della natura dell’uomo che lottano dentro di lui. A Vienne (Isère), dove ricompaiono le allegorie di personaggi con le gambe incrociate, un piede scalzo e l’altro calzato, l’uomo col leone diventa l’eroe Eracle combattente col leone della leggenda biblica o magari un bacchos che lo cavalca tratto dalla mitologia greca: di fronte a lui, nell’abside della stessa chiesa di Saint-André-le-Bas, la maschera della terra si è trasformata in una maschera del dio-fiume, ricordo del teatro antico.

Di fatto l’uomo col leone, in tutto il sud est della Francia e fino alle frontiere della regione Spagna-Linguadoca, non appena ci si allontana dalle strade del pellegrinaggio, diventa Daniele o Sansone. Così a Lescar (Pyrénées Atlantiques), dove un ciclo intero di sculture è dedicato a Daniele; e così pure ad Hagetmau (Landes), dove Daniele fa da riscontro a degli uomini col leone molto vicini all’accezione spagnola. Va notato, ciò nonostante, che non si possono stabilire confini rigorosi fra Daniele e Sansone, eroi biblici, e gli uomini col leone propriamente detti; non più, certamente, di quelli che si possono stabilire fra la Bibbia e certe tradizioni pagane: alcuni manoscritti bizantini associano a Daniele la maschera antica del demiurgo e dell’«arrogante», di cui gli gnostici erano arrivati a fare una personificazione di Yahvè. I temi in questione si ispirano essenzialmente ai salmi recitati durante l’ufficio dei defunti, i quali fanno del leone l’immagine del peccato e della morte che divora l’uomo.
Poiché il nostro intento è quello di occuparci, su un piano molto generale, soprattutto dei simboli romanici inesplicati riguardanti i vegetali, gli animali e i rapporti dell’uomo con essi, non è il caso che ci si soffermi troppo sugli uomini col leone biblici, tipo Daniele e Sansone, con le varianti da essi assunte nelle varie regioni. Biblicamente, il tema di Sansone propriamente detto si distingue dagli altri per il fatto che l’eroe, il cui nome in ebraico vuol dire «piccolo sole», lotta vittoriosamente con l’animale: è questo il caso del Sansone di Vienne, nonché di quello sul primo capitello della galleria sud del chiostro di Moissac e di quello altresì che si staglia a specchio dell’imperatore Costantino sulla facciata di Saint-Jouin-de-Marnes. Un altro esempio, a questi molto vicino, è dato dall’uomo col leone sull’archivolto esterno di Aulnay; in realtà, l’uomo è qui in groppa all’animale, come lo sono di norma gli uomini col leone effigiati in coppia, e ha l’aria di dominate completamente la bestia, la quale oltre tutto non gli addenta neppure la mano; si direbbe anzi che egli la stia abbracciando, nel senso letterale del termine. Immagine del temperamento superiore, dello spirito che si oppone alla carne, l’uomo ha addomesticato il leone. Quest’ultimo gli serve praticamente da cavalcatura magica, capace di sollevarlo per aria, in tutto simile al leone alato cavalcato dalla regina di Saba nel chiostro di Saint-Saveur ad Aix, dove compaiono in più i buoni contrapposti ai malvagi.
Quest’uomo in groppa al leone è dunque investito d’una potenza particolare. Le formule intermedie fra i veri Sansoni in lotta con la belva, quelli che se ne servono per montarle addosso, e gli uomini col leone propriamente detti, più o meno preda delle fauci del mostro, sono innumerevoli: a Echillais, per esempio, l’uomo è disteso orizzontalmente sull’animale.
Segnaliamo a questo punto una ‘situazione caratteristica che si presenta talvolta nelle lotte di Sansone col leone e anche nel caso del falso Sansone, come ad Anzy-le-Duc: l’uomo cioè attacca il leone alle spalle, afferrandogli le fauci dal di dietro. Tale situazione si ricollega all’aspetto doppio del leone, debole nella parte posteriore del corpo, «fatta in maniera meschina», ma «dal petto possente» e impressionante nel ceffo. L’individuo prudente, calzato e vestito, che vuole vincere l’animale, ovverosia le lusinghe del mondo e della carne, lo aggredisce perciò dal retro, posandogli il ginocchio sulla schiena. Ma non è difficile osservare che la posizione suddetta è identica o quasi a quella degli uomini col leone che abbiamo già visto: l’unica differenza sta nel fatto che questi ultimi il leone lo cavalcano e sono nudi. L’uomo disteso sul dorso del leone, come si vede a Nuaillé (Charente-Maritime) accanto a san Giorgio, non è che una variante dell’uomo col leone, diciamo così, generico, così come lo sono, su alcuni capitelli del coro di Aulnay, gli uomini in piedi alle prese con dei leoni bicefali – una figurazione, questa, molto comune nella Saintonge. I due Sansoni del pilastro nord occidentale della crociera di Aulnay, concepiti deformando in modo orribile sia l’uomo che l’animale, mostrano sul lato orientale un Sansone vittima espressamente designata del mostro: gli stanno da presso il peccato di Adamo ed Eva e la sconfitta dell’eroe a opera delle forbici di Dalila. La sicura vittoria dell’uomo sulla bestia appare per contro sul lato occidentale, in un programma meno elevato del precedente: all’eroe sono state date zampe di toro, al fine di esaltarne la forza, e ciò proprio a fianco ai temi apocalittici dei Quattro animali, dell’Abbraccio e della Maschera solare. Si tratta in altri termini del seguito diretto della contrapposizione dell’archivolto eterno del portale meridionale. La volontà di contrapporre il corpo del leone alle maschere può attivare a figurazioni aberranti, come quella in cui è disegnato un leone che ha la testa a piombo, mentre la zampe sono volte in senso contrario, verso l’abaco: lo vediamo in particolare nello stupefacente uomo col leone di Cunault. Ma se parliamo di una immagine dell’uomo col leone presente in questa chiesa, che apparentemente appartiene alla zona egiziana, è perché qui l’iconografia è sotto molti aspetti tipicamente mesopotamica: basta guardare alla Vergine sul capitello alla base del campanile, seduta sulla sedia curule, col fregio di squame sull’abaco, al mascherone del capitello sulla facciata, e ad altri particolari ancora. E più che evidente, d’altro canto, che il concetto di zona può valere solo per grandi linee e che dev’essere continuamente sfumato nei dettagli. In nessun altro soggetto, oltre tutto, la loro distinzione è così difficile da cogliere come nel caso dell’uomo col leone che, neanche a farlo apposta, è uno dei temi chiave dell’iconografia romanica. Le zampe bizzarramente ritorte in senso contrario al resto del corpo le ritroviamo egualmente nelle «grosse leonesse bonaccione visibilmente sperdute in questo mondo di perdizione» sistemate sul lato sud della tribuna di Serrabone, normale collocazione del tema di cui esse sono una semplice variante; ma come si sa, questa regione è ambivalente, partecipa contemporaneamente dell’una e dell’altra zona.
Lessico dei Simboli Medievali, Jaca Book, Milano 1989, pp. 177-180
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