Sezione: Studi
L’approfondimento di una simbologia non consiste nell’accumulare attorno ad un nucleo originale il maggior numero di particolari complementari o chiarificatori, ma nell’arricchire di armonie nuove il simbolismo fondamentale senza togliergli la purezza e la semplicità primitive.
I simboli del dio e del re del mondo hanno in comune un’intuizione di base sulla quale non è più necessario dilungarci. Il dio del mondo, l’imperatore che lo rappresenta visibilmente sulla terra, il mediatore tra Dio e gli uomini, il gran sacerdote, si collocano di necessità dove maggiormente si esprimono le relazioni tra cielo e terra: nel centro del mondo, sul passaggio dell’asse cosmico; è lì che possono riunire in sé la totalità del reale e risplendere sull’universo intero.
Prendiamo un esempio concreto, molto pregnante, al fine di comprendere bene il processo di incastro che questa straordinaria sintesi dell’immaginazione attorno ad un personaggio assiale ci consente. In Cina, la simbologia cosmica organizzata attorno ai quattro punti cardinali e al loro centro dimostra una coerenza eccezionale. Essa si fonda interamente su quei cinque elementi cui corrispondono colori, sapori, suoni, simboli. Ma tali classificazioni non si limitano a governare lo spazio, s’impongono anche al tempo.
L’ordinamento dello spazio avverrà periodicamente, il dramma celebrato nel rito si ripeterà ogni anno. L’est corrisponde alla primavera, alla nascita della creatura, alla levata del sole (elemento legno); il sud all’estate, al mezzogiorno, alla pienezza (elemento fuoco; in questo punto s’incrocia il centro, l’elemento terra cui corrisponde un tempo fittizio di pienezza); l’ovest all’autunno, alla morte, al tramonto del sole (elemento metallo) e il nord all’inverno, al riposo (elemento acqua).
Ma il microcosmo corrisponde esattamente, o meglio, è la stessa cosa del macrocosmo in cui, se così si può dire, il mondo teoricamente siripete all’infinito e ritualmente in un certo numero di elementi in zone concentriche inserite l’una nell’altra, a partire dal corpo umano e dall’abitazione fino ai confini della terra, passando per il luogo santo, il palazzo, la capitale. Sempre si ritroveranno il cielo e i quattro orientamenti, il tutto raddoppiato da una successione verticale di 3 o 4 piani (cielo e terra, o cielo, terra e sottoterra) dall’umile pantano centrale e dall’apertura del camino della casa primitiva fino al palazzo nel centro della capitale e alla capitale nel centro del regno con le quattro porte ai quattro punti cardinali. L’organizzazione del mondo in zone concentriche e in piani sovrapposti non è statica.
Il loro buon funzionamento dipende dal centro regolatore, sede del potere politico e magico-religioso (il Re, il Santo). Nel Ming-t’ang, sorta di casa del calendario, il sovrano si sposta seguendo le stagioni da un punto cardinale all’altro, in perfetta armonia con la corrispondenza degli elementi che regolano i colori dei suoi abiti, il cibo che mangia, ecc… Se si verifica una simile organizzazione periodica sul piano orizzontale, la coesione del mondo è ugualmente assicurata sul piano verticale. In effetti, fra i due piani del cielo e della terra c’è un legame di comunicazione, un asse piazzato nel centro del mondo; quando la terra è immaginata come il cassone quadrato di un carro, l’asse è rappresentato dal pilastro centrale che sostiene il baldacchino, rotondo come il cielo
Wou-Yong, Camera delle offerte – Rilievo: Albero dell’Universo e carro cosmico
Questo legame con il cielo è ancora l’albero o la pietra su un monticello: il dio del suolo. È anche l’obelisco eretto nel centro della capitale o la torre con tanti piani quanti il cielo (nove) o la Montagna sacra, pilastro del Cielo o essa stessa cielo a piani. A tutte queste forme dell’asse centrale corrisponde il Re o il Santo, ma, come nell’organizzazione del piano orizzontale, il legame tra gli ordini del mondo non è semplicemente statico, bensì dinamico. Il Re e il Santo ascendono e discendono dalla torre, dalla montagna dall’apoteosi luminosa.
Più vicino a noi, Svetonio ci insegna (Nerone, 31) che la stanza principale delle cenationes ruotava come il mondo ininterrottamente attorno al suo asse. Questa straordinaria costruzione resta isolata in Occidente ma trova delle corrispondenze nel palazzo dei Sassanidi. Le torri girevoli cinesi esprimono la stessa concezione (torre di Butthap a Tonchino, torre del tempio lamaico di Young-ho-Kong a Pechino): alcuni uomini sotto la torre, in un sotterraneo, la fanno ruotare con l’aiuto di pali di legno, mentre in cima all’edificio l’imperatore fa il gesto d’azionare egli stesso la costruzione cosmica di cui costituisce il centro.
Dopo aver ricordato qualcuno degli elementi maggiori del simbolismo del re del mondo, riprendiamoli uno per uno al fine di approfondirli ulteriormente, il che ci fornirà l’occasione di constatare che alcuni, non importa quali, sono capaci in un modo o nell’altro, di sinterizzare o di esprimere tutti gli altri: da qui l’incredibile ricchezza d’espressione di simboli apparentemente poco interessanti.
Partiamo da un’opera concreta, la statua romanica di Carlomagno nella chiesa di Müstair (Svizzera). L’imperatore è in piedi e tiene nella mano sinistra uno scettro, nella destra il globo del mondo segnato dei suoi grandi cerchi, con la croce piantata nel polo; egli porta una caratteristica corona. Esaminiamo innanzitutto ciascuno di questi emblemi.
Müstair, Chiesa – Statua: Carlomagno
Lo scettro è una riduzione del grande bastone del comando: verticale pura che gli consente di simboleggiare prima di tutto l’uomo in quanto tale, quindi la superiorità di quest’uomo eletto alla guida, infine il potere ricevuto dall’alto. Lo scettro dei nostri sovrani occidentali non è che il modello ridotto della colonna del mondo con cui le altre civiltà rappresentano la persona del re e del sacerdote. Citiamo, a questo riguardo, gli esemplari così espressivi pur nella loro semplicità, che ci offrono i popoli dell’Asia centrale e settentrionale e che a noi sono molto noti grazie ai lavori di Uno Harva. Egli riporta che l’asta di legno che per essi simboleggia l’asse cosmico è talvolta sormontata da un piccolo ripiano quadrangolare a forma di tetto; l’asta o il ripiano, recano spesso un uccello mitico, normalmente un’aquila considerata un uccello celeste; l’aquila è un simbolo universale dell’ascesa al cielo, della sovranità, del potere ricevuto o esercitato dall’alto o almeno da uno stadio superiore.
Asia centrale e settentrionale: Le colonne del mondo
In cima all’asse del mondo, allo scettro dei sovrani o alle aste delle bandiere, questo emblema diventa il simbolo del re del mondo o della divinità che troneggia nel polo celeste. Conviene sottolineare il carattere sacro di questo simbolismo. «Un’asta simile è oggetto di culto nel santuario a tenda dei Soioti delle steppe. Là, il bastone collocato in modo che la sua estremità superiore emerga dalla cima della tenda conica è abitualmente ornato… di pezzetti di stoffa che sono più spesso bleu, gialli, bianchi, i colori dei punti cardinali. Il bastone stesso è considerato sacro, quasi come un dio. Ai suoi piedi si eleva un altare rudimentale in pietre sovrapposte». In tal modo si avvia l’assimilazione del capo del re, al prete che fa tutt’uno con l’altare e il santuario e infine il mediatore in cui si rende presente la divinità.
La Corona è sempre stara espressione di un simbolismo cosmico. Quella di Carlomagno è tradizionale e caratteristica: di forma circolare, marcata ai quattro punti cardinali da quattro piccoli archi come l’imago mundi, le carte mitiche, le rappresentazioni più stringate delle città sante, lo schema cosmico della nuova Gerusalemme. Corona e scettro sono due simboli complementari che collocano il re in rapporto a tutto ciò che lo circonda; il riferimento cosmico appare chiaramente in un legno inciso del sec. XVI, che riassume perfettamente il simbolismo assiale del re mediatore: in piedi al centro del cerchio cosmico (con le quattro grosse gemme della corona che segnano i punti cardinali). Corona e scettro sono gli emblemi del sovrano in se stesso, mentre il globo rimanda al regno governare da questo sovrano.
Incisione su legno del XVI secolo: Scettro e corona
Il Globo è un simbolo di totalità: esso implica un’affermazione di sovranità universale da parte di colui che lo tiene in mano; ciò non significa sovranità sul mondo intero ma sovranità sul regno; di contro, non bisogna dimenticare che l’idea di regno ha sempre conservato qualcosa della nozione primitiva che lo eguagliava alla totalità del reale umanizzato. Il regno, l’impero, tanto in Occidente, quanto in Oriente – la Cina ha magistralmente sviluppato questo simbolismo geografico – sono costituiti da quattro parti al centro delle quali si colloca il monarca che ne assicura la totale coesione. Egli lo tiene in mano, tuttavia lo riceve anche dai suoi sudditi che collaborano alla stabilità permanente e che gliene fanno omaggio come al rappresentante di Dio sulla terra. Questo doppio movimento ha dato origine in Cina ad un grandioso cerimoniale; più discretamente la concezione occidentale si trova riassunta in una miniatura ottoniana che mostra le quattro parti dell’Europa che vengono ad offrire in omaggio il loro globo ad Ottone II (1002), il figlio di Ottone il Grande; attraverso la sua persona l’omaggio raggiunge il papa che incorona gli imperatori, e al quale questi si sentono uniti nel governo del mondo: Ottone in risiede frequentemente a Roma; l’imperatore coronato regge il globo con la croce e il bastone del comando.
Chantilly, Museo Condé –
Registrum Gregorii: L’imperatore Ottone II riceve in omaggio le quattro parti dell’Impero
Il Costume è talvolta anch’esso fortemente evocativo, soprattutto presso i popoli che sottolineano con vigore l’idea del sovrano assiale. Questa nozione di asse è correlativa a quella degli altri due o tre fori che mettono in comunicazione i diversi piani del mondo. I popoli dell’Altai parlano di un foro per il fumo della terra; da ciò deriva l’immagine del mondo delle antiche popolazioni civilizzate dell’Asia e dell’Asia Minore, per le quali gli inferi sono accessibili da un’apertura che sbocca nell’ombelico della terra: essa è in corrispondenza diretta con l’apertura situata in mezzo al cielo. L’apertura è dunque essenziale a questa simbologia quanto l’asse che ad essa conduce, ed è perché appartiene alla simbologia del re del mondo, del sacerdote o del pellegrino dell’aldilà. Lo sciamano iakuta porta nella schiena una placca di ferro rotonda forata nel centro.
In Cina, l’imperatore indossava una veste rotonda in alto come la pi e quadrata alla base come il ts’ong: la sua persona costituiva la scala della vita che ricongiungeva le due aperture. Non meno interessante la grande casula circolare in un solo pezzo aperta nel centro per far passare la testa: il prete che la indossa si trova ritualmente collocato al centro dell’universo, identificato nell’asse del mondo, essendo la cappa la tenda celeste e trovandosi la testa nell’aldilà, dove si trova Dio, di cui il sacerdote è il rappresentante in terra.
Casula circolare
La cappa detta di Carlomagno a Metz, è ornata d’aquile che convergono verso l’apertura centrale, il che ben sottolinea il loro simbolismo ascensionale e celeste.
Metz – Cappa di Carlomagno
Tale schema viene necessariamente replicato nell’architettura (processo di incastro); pensiamo, per esempio, alla cupola absidale della chiesa di Notre-Dame du Thor, in Provenza, ornata d’aquile in volo che circondano alla chiave di volta l’Agnello di Dio in posizione.
Le Thor, Notre-Dame-du-Lac – Catino absidale
Il Trono non si presenta più come emblema, ma come mobile che «contiene» il sovrano e che costituisce un secondo livello simbolico.
In India l’incastro successivo dei microcosmi che costituiscono il sovrano, il trono su cui siede e il tempio al centro del quale questo trono è collocato, risulta particolarmente illuminante. Colui che siede sul trono è anch’egli una riduzione dell’universo, l’Embrione d’Oro collocato nella Matrice del Mondo. A questo proposito, sono significativi numerosi tipi di trono: il celebre Trono-di-Diamante (Vajrasana) sul quale, a Bodh-Gayā, il Budda Sakyamuni ricevette l’Illuminazione; quelli messi in relazione con la colonna-perno del mondo (illustrati in particolare a Amaravati, II-IV secolo circa); quelli di Pegou e di Mandalay (Birmania) ancora più espliciti, che rappresentano, attraverso una particolare iconografia, il mondo degli dei sostenuto dal monte Meru. Seduto nel centro del cosmo, il re che lo occupa ne è il maestro e il rappresentante; il possesso è assicurato dal profitto di coloro sui quali governa quaggiù. Ciò spiega la grandissima importanza accordata alla fabbricazione del trono reale e alla sua decorazione simbolica che riassume le componenti del cosmo; ciò, inoltre, motiva le severe proibizioni di sedersi sul trono reale senza averne diritto (cioè senza essersi predestinati), o rende ragione della onnipotenza universale di chi vi si siede. Infatti, simbolo minore del Mondo, il Trono nella tradizione indiana fa il re. Le tre colossali sedie di pietra scolpita di Siva, Brama e Visnù di Besaki (Bali), rappresentano dei troni-altari posti sulla cima di torri simboleggianti l’asse cosmico e il Meru: ciascuna torre s’innalza su un’enorme Tartaruga del Mondo.
Le civiltà più disparate testimoniano diffusamente le stesse fondamentali concezioni. Il valore rappresentativo del trono è così forte che costituisce di per sé un simbolo della presenza di colui che ha il diritto di sedervisi. Vuoto, esprime il carattere trascendente – o sperato – di questa presenza. Il tema iconografico del trono vuoto di Cristo, o etimasia, era un modo di assicurargli una presidenza invisibile, (per esempio in occasione dei Concili) e anche d’anticipare l’ora in cui ritornerà per il giudizio, alla fine dei tempi.
Il trono vuoto e l’albero della conoscenza, simboli di Buddha
Il trono è sopraelevato: è una realtà eminente come la montagna cosmica o l’asse del mondo.
Papiro di Hunefer: Osiride in trono
La figura rappresenta Osiride (Dio della vita nell’aldilà) seduto su un trono; quest’ultimo è collocato sulle acque della ricreazione (rappresentate da piccole linee spezzate) da cui emerge, davanti ad esso, un fiore di loto sbocciato; dal fiore escono i quattro figli di Horo che sono gli dèi dei quattro punti cardinali del nuovo cosmo d’oltretomba. Nella stessa prospettiva tradizionale, gli autori cristiani dei primi secoli hanno visto senza difficoltà nella croce piantata sul Calvario il trono cosmico, dall’alto del quale il Salvatore crea il mondo nuovo accogliendolo nel suo mistero: «Quando sarò elevato da terra (cioè sulla croce considerata come la prima tappa o lo strumento della sua esaltazione celeste), io attirerò tutti a me» ha detto Gesù.
Non occorre soffermarsi sui troni che si riconducono essenzialmente al sedile cubico (terra) sormontato da un arco di cerchio che si sviluppa in aureola (cielo). Un secondo tipo, invece, merita di essere considerato a lungo; innanzi tutto, perché meno conosciuto, nonostante sia piuttosto diffuso, e poi perché ci consente di cogliere come un simbolo fondamentale possa essere incredibilmente ricco di significati senza tuttavia alterarsi sensibilmente. Questo secondo tipo di trono è innanzi tutto un simbolo del dio dell’universo o del re del mondo. La sua struttura è quella dell’asse cosmico circondato dai quattro punti cardinali, cioè quella della più tradizionale imago mundi, che abbiamo già rintracciato, per esempio, nelle civiltà dell’Asia orientale (in particolare nei templi assiali indù) e ritrovato tanto alle latitudini tropicali quanto a quelle equatoriali. Leo Frobenius cita un certo numero di esempi che ha personalmente rilevato nell’Africa nera e che sono considerati già molto più che simboli dell’universo. Tale, nel paese di Joruba, quell’area consacrata al dio Edschou, dove si trovavano cinque coni di argilla con al centro il più grande sormontato da una coppa e attorno i quattro più piccoli, il tutto circondato da un canaletto. Vi sono migliaia di santuari dedicati ad Edschou; la maggior parte consiste semplicemente in una massa di argilla, ma eccezionalmente si trovano anche degli esemplari perfetti, come quello di Gbaga, che comprende non solo il cono di Edschou, ma anche delle quattro divinità locali dei quattro punti cardinali e dei giorni della settimana. Edschou è il dio dell’ordine, dell’immagine del mondo. Il cono di Edschou è il monte del mondo.
Nigeria, Gbaba – Area consacrata al dio Edschou degli Joruba
Osserviamo la coppa in cima al monte-asse; essa è il simbolo delle benefiche relazioni cielo-terra, rappresenta il ricettacolo delle elargizioni divine e la disponibilità all’accoglienza dei fedeli (cfr. il calice eucaristico ai piedi della croce, il Graal…), ed è anche ciò che rappresenta simbolicamente la divinità, o la sua sede: al sommo dell’asse cosmico, essa coincide con il polo dell’asse celeste dove egli troneggia. Questo concetto è spesso sviluppato fino a concepire l’immagine cosmica intera come il trono gigantesco della divinità.
Il Baldacchino reale e il parasole da cerimonia o divino meritano una menzione a parte. Ne abbiamo già parlato spesso. Essi compaiono in numerosi protocolli. In Cina, l’universo ha per simbolo tanto la casa del capo quanto il carro cosmico. Questo carro è costituito da un cassone cubico in cui prende posto l’Uomo-Unico, il Figlio del Cielo; un palo centrale, replica dell’Albero della vita e dell’Albero centrale, Kien Mou (legno elevato) per mezzo dei quale i sovrani salgono e scendono, sorregge un grande baldacchino circolare che rappresenta il cielo; esso risponde ad una geometria simbolica precisa che ne determina con rigore i tre elementi: la parte centrale, piatta, i due bordi curvi, il contorno. Il parasole da cerimonia ne costituisce la replica portatile. È un emblema, tanto che, come il trono, esso talvolta sostituisce il sovrano o la divinità quando si voglia evitare di rappresentarli di persona.
Bassorilievo: La partenza del principe Siddharta, che diverrà il Buddha
Un affresco dell’oratorio di S. Silvestro a Roma (sec. XIII) mostra Costantino che offre una tiara conica al Papa Silvestro mentre un personaggio del suo seguito agita il parasole da cerimonia e un altro stringe al petto la corona quadripartita che l’imperatore ha deposto per l’occasione: questi tre simboli appartengono allo stessoordine simbolico. (Rinunciando alla tiara, Paolo vi ha inteso eliminare ogni equivoco di dominio temporale che essa conservava fin dalle sue origini). Dietro il Papa, l’alta croce costituisce la replica dello scettroche teneva Carlo Magno e il simbolo dell’autorità religiosa.
Roma, San Silvestro – Oratorio, Affresco: Costantino offre la tiara al papa Silvestro
La miniatura carolingia che rappresenta Carlo il Calvo sul suo trono (IX secolo) costituisce una piccola sintesi di quanto abbiamo appena detto.
Parigi, Biblioteca Nazionale – Bibbia di Viviano: Carlo il calvo sul trono
Si noti l’incastro: uomo, corona e scettro, trono con predella e schienale; la scena appare in un’arcata formata da un arco di cerchio su due pilastri; il velo che pende simboleggia il firmamento; al di sopra, si stende dunque il cielo. In alto alcuni personaggi si protendono verso il monarca reggendo delle corone per dimostrare che il potere è dato da Dio; la mano divina esce da una nuvola, in verticale e designa il luogotenente di Dio sulla terra, il suo rappresentante, come spesso si rileva nei battesimi di Cristo o nelle Crocifissioni; due lampade da santuario pendono da entrambe le parti per sottolineare la presenza divina. Il fiore di lis sopra l’arcata corrisponde a quello sopra l’arcata del trono: entrambi determinano la verticale che è l’asse della rappresentazione e colloca il monarca al centro del mondo con i suoi dignitari in cerchio attorno a lui come rappresentanti di tutto il popolo.
Cerimoniali e riti esprimono a loro modo lo stesso principio. Nel mondo gallo-germanico, l’antico uso di proclamare un capo elevandolo sul trono costituiva un rito evidente del simbolismo teocratico. Come nella Croce di Saint-Omer, la forma bombata dello scudo – trasformazione occidentale della tartaruga orientale e dei tamburi sciamani – rappresentava il cielo. Innalzare nel suo centro il capo, il bren,significava collocarlo nella posizione di rappresentanza di Dio che troneggia nel cielo. L’idea rimase nei tempi successivi, per esempio fu ripresa dallo scultore Lemoyne in un progetto di monumento dedicato a Luigi XV, in cui il sovrano compare in piedi su un trono elevato da numerosi uomini. Una tradizione che ha dei paralleli nell’antico Egitto, in Cina e in molti altri paesi o civiltà si è perpetuata nel rituale dei re di Ungheria: l’ultima cerimonia consisteva nella salita a cavallo del monarca su un poggio emisferico formato dalla terra portata da tutte le province del regno. Quando il monarca aveva raggiunto la cima di questo luogo simbolico, dava un colpo di spada – in Egitto tirava quattro frecce – verso i quattro orizzonti, per indicare il suo comando sui quattro punti cardinali.
Nell’iconografia cristiana, la funzione di rappresentanza del sovrano rispetto a Dio era vigorosamente sottolineata affinché nessuno l’ignorasse. Ci si compiaceva d’illustrarla chiaramente, come in una miniatura del Salterio d’Egberto (sec. X). Gesù è sul trono: egli stesso incorona Costantino e sua moglie prima di cedere loro il posto; la scena si svolge in un quadro celeste: cherubini e serafini sostengono il trono sopra il quale stanno i quattro Viventi dell’Apocalisse. Così si assicura la continuità del potere terreno con quello celeste e tale continuità è di ordine teologico: essa sarà perfetta quando Cristo in persona si presenterà come sovrano dell’universo, troneggiando su di esso.
Autore | Gerard de Champeaux; dom Sebastien Sterckx |
Pubblicazione | I simboli del medioevo |
Editore | Jaca Book |
Luogo | Milano |
Anno | 1981 |
Pagine | 381-402 |